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Summary
# Le origini filosofiche della pragmatica
La pragmatica trae le sue fondamenta dalle correnti filosofiche del linguaggio ideale e del linguaggio ordinario, che hanno analizzato la natura e l'uso del linguaggio, ponendo le basi per lo studio della sua dimensione contestuale e pragmatica [1](#page=1).
### 1.1 Le correnti filosofiche del linguaggio
All'interno della filosofia del linguaggio, due principali approcci hanno influenzato la nascita della pragmatica: la filosofia del linguaggio ideale e la filosofia del linguaggio ordinario [1](#page=1).
#### 1.1.1 La filosofia del linguaggio ideale
Questa corrente, sostenuta da filosofi come il primo Wittgenstein, Russell, Tarski e Frege, considera i linguaggi naturali intrinsecamente ambigui e fuorvianti. L'obiettivo di questa prospettiva è l'individuazione di un linguaggio logico, formale e perfetto, libero dalle imperfezioni del linguaggio comune, da utilizzare come strumento affidabile per l'indagine filosofica e scientifica [1](#page=1).
#### 1.1.2 La filosofia del linguaggio ordinario
In contrasto, la filosofia del linguaggio ordinario, promossa da Austin, Ryle e Strawson, argomenta che il linguaggio comune è essenziale per cogliere il significato reale delle espressioni utilizzate quotidianamente. Secondo questa visione, l'analisi filosofica deve concentrarsi sullo studio sistematico dei diversi modi in cui i parlanti impiegano le espressioni nel linguaggio naturale. Questo approccio ha giocato un ruolo cruciale nel promuovere l'interesse verso la dimensione pragmatica del linguaggio [1](#page=1).
> **Tip:** La distinzione tra linguaggio ideale e ordinario rappresenta un punto di partenza fondamentale per comprendere le diverse prospettive sulla funzione e sul significato del linguaggio che hanno portato allo sviluppo della pragmatica.
### 1.2 La pragmatica: definizione e ambiti di studio
La pragmatica si definisce come lo studio dell'uso del linguaggio in contesti comunicativi specifici. Essa analizza la relazione bidirezionale tra linguaggio e contesto [1](#page=1) [2](#page=2):
* **L'influenza del contesto sul linguaggio:** il contesto modella il modo in cui il linguaggio viene utilizzato [2](#page=2).
* **L'influenza del linguaggio sul contesto:** il linguaggio ha la capacità di modificare il contesto, poiché attraverso le parole è possibile compiere atti che alterano la realtà sociale [2](#page=2).
#### 1.2.1 La nozione di contesto
La nozione di contesto può essere intesa in due formulazioni principali [2](#page=2):
* **Contesto stretto:** include elementi come l'identità del parlante, il luogo e il tempo della comunicazione [2](#page=2).
* **Contesto ampio:** comprende una rete più vasta di credenze, aspettative, interessi, conoscenze del mondo e intenzioni del parlante [2](#page=2).
#### 1.2.2 Pragmatica descrittiva e teorica
La pragmatica si articola in due approcci interconnessi [2](#page=2):
* **Pragmatica descrittiva:** si occupa dell'osservazione e della descrizione empirica di come i parlanti utilizzano il linguaggio in situazioni comunicative concrete [2](#page=2).
* **Pragmatica teorica:** richiede un apparato teorico e una terminologia specifica per poter svolgere efficacemente il compito descrittivo [2](#page=2).
Questi due approcci sono visti come facce complementari della stessa disciplina [2](#page=2).
### 1.3 Il significato come condizioni di verità
Un concetto chiave introdotto da Wittgenstein, rilevante per la comprensione del significato linguistico, è quello delle condizioni di verità. Wittgenstein, attraverso le tavole di verità, ha dimostrato come il valore di verità di un enunciato composto dipenda dal valore di verità degli enunciati che lo compongono e dai connettivi logici utilizzati (come "e", "o", "se... allora"). In questo senso, il significato di un enunciato composto è equiparato alle sue condizioni di verità: comprenderne il significato equivale a capire a quali condizioni quell'enunciato è vero. Questa nozione si estende anche agli enunciati semplici, il cui significato si individua comprendendo le condizioni affinché il mondo sia fatto in un certo modo da renderli veri. Per comprendere appieno il significato di un enunciato, è necessario comprendere il significato del suo contenuto vero-condizionale, ovvero se lo stato di cose descritto dall'enunciato si realizza [2](#page=2).
> **Tip:** L'idea delle condizioni di verità, originariamente legata alla logica formale, ha fornito uno strumento prezioso per analizzare il significato in modo più rigoroso, anticipando alcuni dei problemi affrontati dalla pragmatica riguardo alla relazione tra linguaggio e realtà.
### 1.4 La deissi
La deissi è un fenomeno linguistico emblematico che illustra l'influenza del contesto sull'espressione verbale esplicita. Essa si riferisce a quegli elementi linguistici il cui significato dipende strettamente dal contesto d'uso (es. pronomi personali, dimostrativi, avverbi di tempo e luogo) [2](#page=2).
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# La pragmatica: significato, contesto e deissi
La pragmatica analizza come il contesto influenzi l'interpretazione del significato linguistico, con la deissi che rappresenta un esempio emblematico di questa interdipendenza [2](#page=2).
### 2.1 Definizione di pragmatica
La pragmatica studia l'influenza che il linguaggio esercita sul contesto, poiché le parole hanno la capacità di modificare la realtà sociale attraverso gli atti che consentono di compiere. Si distingue tra pragmatica descrittiva, che osserva e descrive l'uso concreto del linguaggio nelle situazioni comunicative, e pragmatica teorica, che fornisce la terminologia e l'apparato teorico necessari per tale descrizione. Questi due approcci sono considerati facce della stessa medaglia [2](#page=2).
### 2.2 Il significato come condizioni di verità
Secondo Wittgenstein, il valore di verità di un enunciato composto dipende dal valore di verità dei suoi componenti e dai connettivi logici utilizzati. Il significato di un enunciato, sia esso composto o semplice, corrisponde alle sue condizioni di verità, ovvero alle circostanze in cui esso è vero. Comprendere il significato di un enunciato significa comprendere lo stato di cose descritto dall'enunciato [2](#page=2).
### 2.3 Il ruolo del contesto
Il contesto è fondamentale per l'interpretazione del significato linguistico. Esso può essere analizzato a due livelli:
* **Contesto stretto**: comprende l'identità del parlante, il luogo e il tempo del proferimento [2](#page=2).
* **Contesto ampio**: include le credenze, le aspettative, gli interessi, la conoscenza del mondo e le intenzioni del parlante [2](#page=2).
> **Tip:** Comprendere la distinzione tra contesto stretto e ampio è cruciale per analizzare correttamente il significato veicolato da espressioni linguistiche, specialmente quelle deittiche.
### 2.4 La deissi
La deissi è il fenomeno linguistico per eccellenza in cui si manifesta l'influenza del contesto sul significato esplicitamente detto. In molti casi, il significato letterale delle parole non è sufficiente a spiegare ciò che il parlante intende comunicare. La deissi si definisce come il fenomeno per cui il riferimento di un'espressione dipende dal contesto d'uso. Le espressioni coinvolte sono chiamate deittici o espressioni deittiche [2](#page=2) [3](#page=3).
> **Tip:** In assenza di un contesto comunicativo, è impossibile determinare a chi o cosa si riferiscono i deittici, compromettendo la comprensione del contenuto letterale dell'enunciato e, di conseguenza, delle sue condizioni di verità [3](#page=3).
#### 2.4.1 Carattere e contenuto dei deittici
I deittici presentano due componenti:
* **Carattere**: è la regola linguistica che individua l'aspetto del contesto rilevante per determinare il riferimento dell'espressione deittica. Corrisponde al significato dell'espressione in sé [3](#page=3).
* **Contenuto**: è il riferimento effettivo del deittico, determinabile solo dopo aver fissato un contesto d'uso [3](#page=3).
#### 2.4.2 Deittici e ambiguità
La nozione di carattere aiuta a distinguere la deissi dall'ambiguità. Un'espressione ambigua possiede un numero limitato di significati convenzionali e riferimenti. Al contrario, un deittico ha un unico significato convenzionale (il suo carattere), ma può riferirsi a una moltitudine di entità (potenzialmente infinite) a seconda del contesto [3](#page=3).
#### 2.4.3 Indicali e dimostrativi
All'interno dei deittici, si distinguono:
* **Indicali**: deittici il cui carattere determina automaticamente e completamente il contenuto (riferimento), basandosi sul contesto stretto (identità del parlante, luogo e tempo) [3](#page=3).
* **Dimostrativi**: deittici il cui carattere non determina in modo automatico e completo il contenuto (riferimento), basandosi sul contesto ampio (credenze, interessi, aspettative, conoscenza del mondo) [4](#page=4).
#### 2.4.4 Tipi di deittici
L'interpretazione dei deittici avviene in relazione a cinque componenti del "centro deittico" di un evento comunicativo: persona, luogo, tempo, testo e situazione sociale. Esistono cinque categorie principali di deittici [4](#page=4):
1. **Deittici personali**: Codificano i ruoli dei partecipanti a un evento comunicativo, ancorati alla componente "persona" del centro deittico. Includono pronomi personali (io, tu), pronomi clitici (mi, ti), aggettivi possessivi (mio, tuo), desinenze verbali (andate) e allocutivi (signora) [4](#page=4).
2. **Deittici spaziali**: Codificano la localizzazione in relazione ai partecipanti, ancorati alla componente "luogo". Sono avverbi di luogo (qui, lì) e dimostrativi (questo, quello). Si suddividono in prossimali (questo, qui), riferiti a luoghi vicini al centro deittico, e distali (là, quello), riferiti a luoghi lontani [4](#page=4).
3. **Deittici temporali**: Codificano punti o intervalli di tempo in relazione al tempo del centro deittico. Comprendono avverbi (ora, poi, ieri), aggettivi temporali (prossimo, scorso) e tempi verbali (presente, passato, futuro) che situano eventi rispetto al tempo di proferimento. L'interpretazione è legata alla concettualizzazione culturale del tempo, come la logica lineare occidentale [5](#page=5).
4. **Deittici testuali/del discorso**: Si riferiscono a parti del testo o del discorso stesso, ponendo il discorso come centro deittico. Esempi includono "nel paragrafo precedente" o "quello che hai detto" [5](#page=5).
5. **Deittici sociali**: Ancorati alla componente "situazione sociale", codificano lo status e il ruolo sociale del parlante rispetto all'interlocutore, indicando la distanza sociale. Si manifestano principalmente tramite deittici personali, distinti in assoluti e relazionali, e attraverso onorifici (lei, voi) che possono deviare dal significato convenzionale per indicare la relazione tra i partecipanti [5](#page=5).
> **Tip:** La proiezione deittica si verifica quando l'interpretazione delle espressioni deittiche avviene da un punto di vista diverso da quello del parlante [4](#page=4).
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# La teoria delle implicature di Paul Grice
La teoria delle implicature di Paul Grice esplora come i parlanti comunichino significati che vanno oltre il letterale, basandosi su un principio di cooperazione e massime conversazionali [6](#page=6) [7](#page=7).
### 3.1 Contributi fondamentali di Paul Grice alla pragmatica
Paul Grice, filosofo del linguaggio britannico, è considerato uno dei padri fondatori della pragmatica. I suoi contributi essenziali includono [6](#page=6):
* **Significato come intenzione**: gli enunciati significano ciò che il parlante intende comunicare [6](#page=6).
* **Principio di cooperazione**: l'uso del linguaggio è un comportamento razionale, cooperativo e orientato a uno scopo [7](#page=7).
* **Implicature**: la comunicazione avviene su due livelli, quello esplicito e quello implicito (ciò che è lasciato intendere) [6](#page=6).
#### 3.1.1 Significato naturale e non naturale
Grice distingue due sensi del verbo "significare" [6](#page=6):
* **Significato naturale**: connessione causale, non arbitraria e non convenzionale tra un segno e un oggetto/evento, indipendente dall'uso del segno (es. le nuvole significano pioggia) [6](#page=6).
* **Significato non naturale**: connessione intenzionale, arbitraria e convenzionale tra un segno e un oggetto/evento, dipendente dall'uso del segno (es. la campanella significa fine lezione) [6](#page=6).
#### 3.1.2 Significato dell'espressione e significato del parlante
* **Significato dell'espressione**: significato convenzionale di un'espressione, basato sul significato letterale delle parole [6](#page=6).
* **Significato del parlante**: ciò che il parlante comunica con l'espressione, composto da ciò che è detto (significato letterale) e ciò che è implicato (o lasciato intendere) [7](#page=7).
> **Tip:** Il significato dell'espressione coincide con il significato letterale quando non ci sono ambiguità, omonimie o deittici da risolvere [7](#page=7).
#### 3.1.3 Significato come intenzione
Grice concepisce la comunicazione come il riconoscimento di intenzioni. Una comunicazione di successo si verifica quando il parlante intende comunicare qualcosa e il destinatario riconosce tale intenzione. Le intenzioni comunicative sono orientate, manifeste e riflessive [7](#page=7).
### 3.2 Il principio di cooperazione
Secondo Grice, le conversazioni sono una forma di comportamento razionale e cooperativo, orientato a uno scopo. I parlanti cercano di cooperare per perseguire i propri intenti comunicativi. Il principio di cooperazione afferma: "conforma il tuo contributo comunicativo a quanto richiesto, nel momento in cui avviene, dallo scopo o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato" [7](#page=7).
### 3.3 Le massime conversazionali
Per seguire il principio di cooperazione, i parlanti rispettano quattro tipi di massime conversazionali [8](#page=8):
#### 3.3.1 Massime di quantità
Fornire un contributo tanto informativo quanto richiesto, ma non più del necessario [8](#page=8).
* "Da un contributo tanto informativo rispetto a quanto richiesto" [8](#page=8).
* "Non dare un contributo più informativo di quanto richiesto" [8](#page=8).
#### 3.3.2 Massime di qualità
Cercare di dare un contributo veritiero [8](#page=8).
* "Non dire ciò che ritieni falso" [8](#page=8).
* "Non dire ciò per cui non hai prove adeguate" [8](#page=8).
#### 3.3.3 Massime di relazione
Essere pertinenti. Fornire informazioni attinenti alla conversazione in corso [8](#page=8).
#### 3.3.4 Massime di modo
Essere chiari e perspicui [8](#page=8).
* Evitare oscurità d'espressione [8](#page=8).
* Evitare ambiguità [8](#page=8).
* Essere concisi [8](#page=8).
* Essere ordinati nell'esposizione [8](#page=8).
> **Tip:** Le massime di qualità hanno una priorità gerarchica rispetto alle altre. Una menzogna è considerata una violazione più grave rispetto a un contributo prolisso o poco chiaro [8](#page=8).
Il principio di cooperazione e le massime non sono regole etiche o descrizioni empiriche, ma tracciano i principi universali della razionalità umana durante uno scambio verbale [9](#page=9).
### 3.4 Violazione delle massime
I parlanti possono interagire con le massime in diversi modi [9](#page=9):
* **Dissociarsi dalle massime**: rifiutare di partecipare a uno scambio comunicativo, esplicitamente o implicitamente. Anche sottraendosi, si coopera comunicando l'intenzione di non comunicare [9](#page=9).
* **Violare le massime celatamente**: violare intenzionalmente una massima nascondendo la violazione (es. la menzogna). Questo tipo di violazione è ingannevole [9](#page=9).
* **Violare le massime apparentemente**: sembrare di non rispettare le massime, ma in realtà rispettarle tutte [10](#page=10).
* **Violare una massima per conflitto con un'altra massima**: violare una massima per non violarne un'altra ritenuta più importante, spesso per motivi di cortesia [10](#page=10).
* **Sfruttare la violazione di una massima**: violare palesemente una massima per comunicare un contenuto implicito. Questi ultimi tre tipi di violazione sono i modi principali per comunicare contenuti impliciti [10](#page=10) [9](#page=9).
### 3.5 Le implicature
Le implicature sono proposizioni comunicate implicitamente dal parlante, sulla base di ciò che è detto esplicitamente. Sono la conseguenza della violazione di una massima, poiché gli interlocutori, assumendo razionalità e cooperazione, cercano un senso alternativo che renda il parlante conforme alle massime [11](#page=11).
#### 3.5.1 Implicature convenzionali
Sono comunicate implicitamente dal significato convenzionale delle espressioni linguistiche nell'enunciato [11](#page=11).
Esempi: "ma" indica contrapposizione, "persino" senso di eccesso [11](#page=11).
Le implicature convenzionali hanno sei proprietà [11](#page=11) [12](#page=12):
1. **Legate al significato dell'espressione**: generate dal significato convenzionale [11](#page=11).
2. **Convenzionali**: avvengono in tutti i contesti [11](#page=11).
3. **Determine**: il loro contenuto è chiaro, non dipendono da fattori variabili [11](#page=11).
4. **Distaccabili**: è possibile eliminarle o sostituirle con altre espressioni [12](#page=12).
5. **Non cancellabili**: non si può ritrattare esplicitamente un'implicatura convenzionale senza contraddizione [12](#page=12).
6. **Non calcolabili**: il riconoscimento è intuitivo, non richiede calcolo di passaggi inferenziali [12](#page=12).
#### 3.5.2 Implicature conversazionali
Sono proposizioni comunicate implicitamente dal parlante tramite un enunciato in un dato contesto, senza far parte del significato letterale. Sono generate dalla violazione delle massime [12](#page=12).
Si dividono in tre tipologie in base al tipo di massima violata [12](#page=12):
* **Implicature conversazionali standard**: derivano dalla violazione apparente di una massima, quando l'interlocutore arricchisce il significato letterale con un'implicazione conversazionale [12](#page=12).
* **Implicature conversazionali da conflitto**: derivano dalla violazione di una massima per non violarne un'altra ritenuta più importante [12](#page=12).
* **Implicature conversazionali da sfruttamento**: derivano dallo sfruttamento di una massima, quando il parlante comunica qualcosa di palesemente falso e l'interlocutore ne riconosce l'intenzione comunicativa implicita [12](#page=12) [13](#page=13).
Grice distingue ulteriormente tra implicature particolarizzate e generalizzate, a seconda della dipendenza dal contesto [13](#page=13).
##### 3.5.2.1 Implicature conversazionali particolarizzate
Dipendono dalle caratteristiche del contesto in cui sono generate, come conseguenza della violazione di una massima. Sono particolarmente interessanti quando generate dallo sfruttamento di una massima [13](#page=13).
Esempi di sfruttamento delle massime:
* **Massima di quantità**: dire deliberatamente troppo o troppo poco [13](#page=13).
* **Massima di qualità**: dire qualcosa di palesemente falso (ironia, metafora, iperbole) o per cui non si hanno prove adeguate [13](#page=13).
* **Massima di relazione**: rari casi, spesso si tratta di violazione apparente [13](#page=13).
* **Massima di modo**: catturare l'interesse con oscurità, ambiguità, prolissità o disordine nell'esposizione [13](#page=13).
Le implicature conversazionali particolarizzate hanno sei proprietà [13](#page=13) [14](#page=14):
1. **Legate all'atto del dire**: generate dall'atto di proferire un enunciato in un contesto specifico [13](#page=13).
2. **Non convenzionali**: non contenute nel significato convenzionale di un'espressione [14](#page=14).
3. **Non sempre determinabili**: dipendono da fattori variabili come conoscenze condivise [14](#page=14).
4. **Non distaccabili**: un enunciato che genera un'implicatura particolarizzata non può essere riformulato con una forma diversa mantenendo lo stesso significato letterale senza generare la stessa implicatura [14](#page=14).
5. **Cancellabili**: possono essere ritrattate esplicitamente o implicitamente dal contesto [14](#page=14).
6. **Calcolabili**: le fasi inferenziali per la loro comprensione possono essere ricostruite [14](#page=14).
##### 3.5.2.2 Implicature conversazionali generalizzate
Sono comunicate implicitamente tramite il proferimento di un'espressione in una certa forma, indipendentemente dalle caratteristiche del contesto specifico. Non necessitano della violazione di una massima, ma derivano dall'assunzione che il parlante le rispetti [14](#page=14) [15](#page=15).
Esempi di implicature generalizzate:
* **L'articolo indeterminativo "un'x"**: deriva dall'uso che si assume rispetti la massima di quantità [15](#page=15).
* **La congiunzione "e"**: deriva dall'uso che si assume rispetti la massima di modo (ordine nell'esposizione) [15](#page=15).
* **La congiunzione "o"**: deriva dall'uso che si assume rispetti la massima di qualità (non dire ciò per cui non si hanno prove adeguate) [15](#page=15).
#### 3.5.3 Implicature scalari
Si generano quando un parlante sceglie un elemento su una scala di informatività, escludendo implicitamente elementi più informativi. Derivano dall'uso specifico che si assume conforme alla massima di quantità [15](#page=15).
Esempio di scala: tutti, la maggior parte, molti, alcuni, pochi, uno [15](#page=15).
### 3.6 Presupposizioni
Una presupposizione è un contenuto non asserito esplicitamente che i partecipanti danno per scontato per dare senso al contenuto asserito. Il contenuto non asserito deve essere già condiviso o essere deducibile dal contesto [15](#page=15).
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# Presupposizioni e atti linguistici di Austin
Questo argomento analizza le presupposizioni attraverso lenti semantiche e pragmatiche e approfondisce il modello degli atti linguistici di J.L. Austin, delineandone le componenti e le condizioni di felicità [16](#page=16) [17](#page=17) [18](#page=18) [19](#page=19) [20](#page=20) [21](#page=21) [22](#page=22) [23](#page=23) [24](#page=24) [25](#page=25) [26](#page=26).
### 4.1 Presupposizioni
Le presupposizioni sono proposizioni non asserite esplicitamente che devono essere vere affinché il contenuto asserito possa essere valutato come vero o falso. Esistono due principali letture delle presupposizioni: semantica e pragmatica [16](#page=16).
#### 4.1.1 Lettura semantica delle presupposizioni
Secondo la lettura semantica, le presupposizioni sono condizioni di verità per un enunciato. L'esistenza di "attivatori presupposizionali" (costrutti sintattici o elementi lessicali) porta all'attivazione di determinate presupposizioni [16](#page=16):
* **Sintagmi nominali** (es. "l'x", "la y") presuppongono l'esistenza dell'entità referita [16](#page=16).
* **Frasi scisse** (es. "è stato/a X + infinito") presuppongono che qualcuno abbia compiuto l'azione [16](#page=16).
* **Verbi di cambiamento di stato** (es. "cominciare", "smettere") presuppongono uno stato di cose o un evento precedente [16](#page=16).
* **Verbi d'azione** (es. "riuscire a") attivano presupposizioni legate al tentativo o allo sforzo [16](#page=16).
* **Verbi fattivi** (es. "rimpiangere", "accorgersi") presuppongono la verità della proposizione complemento [16](#page=16).
* **Iterativi** (es. "di nuovo", "anche", "un'altra volta") presuppongono che l'evento o lo stato di cose si sia verificato almeno una volta in precedenza [16](#page=16).
Le presupposizioni possiedono un **potere proiettivo**: se un enunciato semplice che le contiene viene trasformato in forma interrogativa, negativa, ipotetica o modale, la presupposizione viene ereditata dalla "famiglia presupposizionale" dell'enunciato semplice. Il **family test** è uno strumento per verificare la presenza di una presupposizione, riformulando l'enunciato in diverse forme (negativa, interrogativa, ecc.) e osservando se la presupposizione "sopravvive". Questo test permette anche di distinguere una presupposizione da un'implicazione logica, la quale non risponde positivamente al family test in quanto priva di potere proiettivo [16](#page=16) [17](#page=17).
Per negare una presupposizione, non è sufficiente un semplice diniego; è necessaria una **negazione metalinguistica** che neghi l'applicazione dell'enunciato presupposto [17](#page=17).
#### 4.1.2 Lettura pragmatica delle presupposizioni
Dal punto di vista pragmatico, una presupposizione è un contenuto non asserito esplicitamente che deve far parte delle assunzioni condivise dai partecipanti alla conversazione (il **common ground**) o essere facilmente condivisibile affinché il proferimento sia appropriato. Questa lettura spiega i casi in cui le presupposizioni non derivano da attivatori formali [17](#page=17).
Le **presupposizioni informative** comunicano un'informazione nuova presentandola come già nota o condivisa. Nonostante ciò, un enunciato può risultare appropriato se gli interlocutori mantengono un atteggiamento cooperativo e la presupposizione informativa viene "accomodata" nel common ground. L'**accomodamento** è il processo di aggiunta automatica di presupposizioni al common ground per rendere un enunciato appropriato [17](#page=17).
Le letture semantica e pragmatica non si escludono a vicenda, ma rispondono a domande diverse: la semantica si chiede sotto quali condizioni un enunciato è valutabile come vero o falso, mentre la pragmatica si chiede sotto quali condizioni il proferimento è appropriato [17](#page=17).
### 4.2 Atti linguistici di Austin
J.L. Austin sosteneva che il linguaggio non serve solo a descrivere il mondo, ma anche ad agire su di esso. Distinse tra [18](#page=18):
* **Enunciati constativi**: descrivono uno stato di cose (es. "il cane è in giardino") e sono associati a **condizioni di verità** [18](#page=18).
* **Enunciati performativi**: compiono un'azione e modificano la realtà sociale (es. "vi dichiaro marito e moglie") e sono associati a **condizioni di felicità** [18](#page=18).
#### 4.2.1 Componenti dell'atto linguistico
Ogni atto linguistico, per Austin, si caratterizza per tre aspetti [18](#page=18):
* **Atto locutorio**: l'atto di dire qualcosa, ovvero costruire un enunciato dotato di senso usando parole e grammatica di una lingua. Si articola ulteriormente in [18](#page=18):
* **Atto fonetico**: emissione di suoni [19](#page=19).
* **Atto fatico**: emissione di suoni conformi a regole linguistiche, con parole ben combinate sintatticamente e intonazione appropriata [19](#page=19).
* **Atto retico**: uso di parole per esprimere un significato [19](#page=19).
* **Atto illocutorio (o forza illocutiva)**: l'intenzione o lo scopo associato all'atto locutorio. La determinazione della forza illocutiva richiede l'analisi del contesto comunicativo (stretto e ampio) e degli indicatori linguistici, i quali non sono però indicatori certi e automatici [18](#page=18) [19](#page=19).
* **Atto perlocutorio**: l'effetto concreto (conseguenze extralinguistiche) ottenuto dall'atto locutorio. Le conseguenze attese sono gli obiettivi perlocutori, mentre quelle inaspettate sono i seguiti perlocutori, che indicano insuccessi perlocutori. Il verificarsi di un seguito perlocutorio non invalida l'atto illocutorio compiuto. L'atto perlocutorio non ha natura convenzionale, poiché le conseguenze non sono sempre calcolabili [18](#page=18) [19](#page=19) [20](#page=20).
#### 4.2.2 Difetti, infelicità e insuccessi
Ogni livello dell'atto linguistico è soggetto a difetti specifici [19](#page=19):
* **Difetti (atto locutorio)**: riguardano la costruzione dell'enunciato, includendo lapsus, errori, difficoltà di pronuncia o vaghezza di riferimento. Esempio: "prestale una matita" se non ci sono donne presenti è un difetto a livello retico per mancanza di riferimento appropriato per il pronome "le" [19](#page=19).
* **Insuccessi (atto perlocutorio)**: si verificano quando le conseguenze non sono quelle attese o sperate. Tuttavia, un insuccesso perlocutorio non annulla l'atto illocutorio [19](#page=19).
* **Infelicità (atto illocutorio)**: si verifica quando un atto illocutorio non rispetta determinate **condizioni di felicità**. La violazione di queste condizioni può portare a un "colpo a vuoto" (fallimento dell'atto) o a un "vizio/abuso" (atto imperfetto ma non fallito) [20](#page=20).
Le condizioni di felicità si dividono in tre tipi [20](#page=20):
* **(A) Invocazione**:
* A1: La procedura convenzionale deve esistere ed essere socialmente accettata (es. "ti sfido a duello").
* A2: Le persone e le circostanze devono essere appropriate alla procedura invocata (es. le parti non devono essere già sposate per celebrare un matrimonio).
* **(B) Esecuzione**:
* B1: La procedura deve avvenire correttamente (es. rispondere affermativamente alla proposta di matrimonio).
* B2: La procedura deve avvenire completamente (es. entrambe le parti devono accettare il matrimonio).
* **(C) Abuso**:
* C1: Il parlante deve avere intenzioni, sentimenti e credenze appropriate (condizioni di sincerità) (es. promettere qualcosa senza intenzione di farlo).
* C2: Il parlante deve comportarsi conformemente all'atto eseguito (condizioni di coerenza) (es. ordinare a qualcuno di lasciarti in pace e poi rimproverarlo per non averti parlato).
#### 4.2.3 Esempi di atti linguistici e conseguenze perlocutorie
* **Ordine**: "Togliti di mezzo!" Possibile conseguenza perlocutoria: la persona si sposta [26](#page=26).
* **Promessa**: "Non preoccuparti per il test di matematica: ti aiuterò io." Possibile conseguenza perlocutoria: la persona si tranquillizza [26](#page=26).
* **Congratulazioni**: "Congratulazioni per la laurea!" Possibile conseguenza perlocutoria: la persona ringrazia [26](#page=26).
* **Asserzione/Avvertimento**: "Questa strada è piena di cani randagi." Possibile conseguenza perlocutoria: la persona accelera il passo [26](#page=26).
* **Dichiarazione di guerra**: "Dichiaro ufficialmente l'ingresso dell'Italia in guerra." Possibile conseguenza perlocutoria: i cittadini si allarmano [26](#page=26).
* **Scommessa**: "Scommetto 100 dollars sulla vittoria del Milan." Possibile conseguenza perlocutoria: l'interlocutore si mette a ridere [26](#page=26).
* **Domanda**: "Hai scommesso 100 dollars sulla vittoria del Milan?" Possibile conseguenza perlocutoria: l'interlocutore risponde affermativamente [26](#page=26).
* **Condanna**: "Condanno l'imputato a tre anni di reclusione..." Possibile conseguenza perlocutoria: l'imputato si dispera [26](#page=26).
* **Dispiacersi**: "Mi dispiace che Paolo abbia scommesso 100 dollars sulla vittoria del Milan." Possibile conseguenza perlocutoria: l'interlocutore alza le spalle [26](#page=26).
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## Errori comuni da evitare
- Rivedete tutti gli argomenti accuratamente prima degli esami
- Prestate attenzione alle formule e definizioni chiave
- Praticate con gli esempi forniti in ogni sezione
- Non memorizzate senza comprendere i concetti sottostanti
Glossary
| Termine | Definizione |
|---|---|
| Pragmatica | Disciplina che studia l'uso del linguaggio in contesti comunicativi concreti, analizzando l'influenza reciproca tra linguaggio e contesto. |
| Filosofia del linguaggio ideale | Corrente di pensiero che sostiene l'ambiguità dei linguaggi naturali e propone l'uso di un linguaggio logico, formale e perfetto per l'indagine scientifica e filosofica. |
| Filosofia del linguaggio ordinario | Corrente di pensiero che si concentra sullo studio del linguaggio comune per catalogare i diversi usi che i parlanti fanno delle espressioni nel linguaggio quotidiano. |
| Contesto stretto | Componente del contesto che include l'identità del parlante, il luogo e il tempo del proferimento di un enunciato. |
| Contesto ampio | Componente del contesto che comprende la rete di credenze, le aspettative, gli interessi, la conoscenza del mondo e le intenzioni del parlante. |
| Pragmatica descrittiva | Parte della pragmatica che si occupa dell'osservazione e della descrizione di come i parlanti utilizzano il linguaggio in situazioni comunicative concrete. |
| Pragmatica teorica | Parte della pragmatica che fornisce la terminologia specifica e l'apparato teorico necessari per analizzare l'uso del linguaggio. |
| Condizioni di verità | Le condizioni che devono verificarsi nel mondo affinché un enunciato sia considerato vero. Comprendere il significato di un enunciato significa comprendere a quali condizioni esso è vero. |
| Deissi | Fenomeno linguistico in cui il riferimento di un'espressione dipende dal contesto d'uso. Le espressioni coinvolte sono chiamate deittici o espressioni deittiche. |
| Deittici | Espressioni linguistiche che non hanno un significato completo di per sé, ma si riferiscono a cose diverse a seconda di chi parla, dove e quando. |
| Carattere (del deittico) | La regola linguistica che consente di selezionare l'aspetto del contesto rilevante per determinare il riferimento di un'espressione deittica. È il significato di un'espressione tipo. |
| Contenuto (del deittico) | Il riferimento specifico del deittico, determinabile solo dopo aver fissato un contesto d'uso. |
| Ambiguità | Fenomeno linguistico in cui un'espressione ha un numero limitato di significati convenzionali a cui corrisponde un numero limitato di riferimenti. |
| Indicali | Deittici il cui carattere determina automaticamente e completamente il contenuto (riferimento), basandosi sul contesto stretto (persona, luogo, tempo). |
| Dimostrativi | Deittici il cui carattere non determina in modo automatico e completo il contenuto (riferimento), basandosi sul contesto ampio (credenze, aspettative, interessi, conoscenza). |
| Centro deittico | Il punto di riferimento di un evento comunicativo, costituito da cinque componenti: persona, luogo, tempo, testo e situazione sociale. |
| Proiezione deittica | Fenomeno per cui l'interpretazione delle espressioni deittiche avviene da un punto di vista diverso da quello del parlante. |
| Deittici personali | Espressioni linguistiche che codificano il ruolo dei partecipanti a un evento comunicativo, ancorate alla componente persona del centro deittico (es. pronomi personali, possessivi). |
| Deittici spaziali | Espressioni linguistiche che codificano la localizzazione in relazione ai partecipanti, ancorate alla componente luogo del centro deittico (es. avverbi di luogo, dimostrativi). |
| Deittici temporali | Espressioni linguistiche che codificano punti o intervalli di tempo in relazione al tempo del centro deittico (es. avverbi di tempo, tempi verbali). |
| Deittici testuali/del discorso | Espressioni linguistiche che codificano un riferimento a parti del testo o del discorso stesso. |
| Deittici sociali | Espressioni linguistiche ancorate alla componente della situazione sociale del centro deittico, che codificano status e ruolo sociale, e la distanza sociale tra i partecipanti. |
| Significato naturale | Connessione di tipo causale, non arbitraria e non convenzionale, tra un segno e un oggetto o evento, che esiste indipendentemente dall'uso umano. |
| Significato non naturale | Connessione di tipo intenzionale, arbitraria e convenzionale, tra un segno e un oggetto o evento, che esiste in virtù dell'uso umano di quel segno. |
| Significato dell'espressione | Significato convenzionale di un'espressione, basato sul significato delle singole parole (come da dizionario). |
| Significato del parlante | Ciò che il parlante intende comunicare attraverso un'espressione, costituito da ciò che è detto (significato letterale) e ciò che è implicato. |
| Principio di cooperazione | Principio secondo cui i partecipanti a una conversazione conformano il proprio contributo comunicativo a quanto richiesto dallo scopo o dalla direzione dello scambio verbale. |
| Massime conversazionali | Regole che guidano il comportamento comunicativo cooperativo: quantità, qualità, relazione e modo. |
| Massime di quantità | Richiesta di fornire un contributo tanto informativo quanto richiesto, né più né meno. |
| Massime di qualità | Richiesta di dire ciò che si ritiene vero, non falso, e per cui si hanno prove adeguate. |
| Massime di relazione | Richiesta di essere pertinenti al contenuto della conversazione in atto. |
| Massime di modo | Richiesta di essere chiari, evitando oscurità, ambiguità, essendo concisi e ordinati nell'esposizione. |
| Implicature | Proposizioni comunicate implicitamente dal parlante, che vanno oltre il significato letterale dell'enunciato. |
| Implicature convenzionali | Proposizioni comunicate implicitamente tramite il significato convenzionale di specifiche espressioni linguistiche (es. "ma", "persino"). |
| Implicature conversazionali | Proposizioni comunicate implicitamente nel contesto, generate dalla violazione (apparente, per conflitto o sfruttamento) delle massime conversazionali. |
| Implicature conversazionali particolarizzate | Implicature che dipendono dalle caratteristiche specifiche del contesto in cui sono generate. |
| Implicature conversazionali generalizzate | Implicature che non dipendono dalle caratteristiche del contesto specifico, ma dalla forma dell'espressione usata. |
| Implicature scalari | Implicature che si generano quando un parlante sceglie un elemento da una scala di informatività, escludendo implicitamente elementi superiori. |
| Presupposizione | Contenuto non asserito esplicitamente, che i partecipanti devono dare per scontato affinché l'enunciato esplicito abbia senso o sia appropriato. |
| Lettura semantica (delle presupposizioni) | Le presupposizioni sono proposizioni che devono essere vere affinché l'enunciato asserito sia valutabile come vero o falso. Si basa sugli attivatori presupposizionali. |
| Attivatori presupposizionali | Costrutti sintattici o elementi lessicali che attivano le presupposizioni (es. sintagmi nominali, verbi di cambiamento di stato). |
| Potere proiettivo | Proprietà delle presupposizioni di essere ereditate da enunciati complessi (interrogativi, negativi, ipotetici, modali). |
| Family test | Test che consiste nel riformulare un enunciato in forma negativa, interrogativa, modale e ipotetica per verificare se la presupposizione sopravvive. |
| Implicazione logica | Ciò che segue necessariamente dalla verità di una proposizione o di un insieme di esse; non possiede potere proiettivo. |
| Negazione metalinguistica | Negazione che non nega direttamente il contenuto, ma nega che l'enunciato abbia una certa applicazione o presupposizione. |
| Lettura pragmatica (delle presupposizioni) | Le presupposizioni sono proposizioni che devono già far parte delle assunzioni condivise (common ground) o essere facilmente condivisibili, affinché il proferimento sia appropriato. |
| Common ground | L'insieme delle assunzioni condivise dai partecipanti a una conversazione. |
| Accomodamento | Processo di aggiunta automatica di presupposizioni al common ground, guidato dall'atteggiamento cooperativo degli interlocutori per rendere un enunciato appropriato. |
| Enunciati constativi | Enunciati che descrivono uno stato di cose e sono associati a condizioni di verità. |
| Enunciati performativi | Enunciati che compiono un'azione, modificano la realtà sociale e sono associati a condizioni di felicità. |
| Atto linguistico | Le cose che i parlanti possono fare proferendo un enunciato, articolato in atto locutorio, illocutorio e perlocutorio. |
| Atto locutorio | L'atto di dire qualcosa, comprendente l'atto fonetico (suoni), fatco (regole linguistiche) e retico (significato). |
| Atto illocutorio/Forza illocutiva | L'intenzione o lo scopo associato all'atto locutorio (es. ordinare, promettere, asserire). |
| Atto perlocutorio | L'effetto concreto o le conseguenze extralinguistiche prodotte dall'atto locutorio. |
| Difetti (dell'atto locutorio) | Errori o imperfezioni nella costruzione dell'enunciato (es. lapsus, vaghezza). |
| Infelicità (dell'atto illocutorio) | Mancato rispetto delle condizioni di felicità che rende un atto illocutorio non riuscito o imperfetto. |
| Insuccessi (dell'atto perlocutorio) | Conseguenze non attese, impreviste o non sperate dell'atto locutorio. |
| Condizioni di felicità | Condizioni necessarie affinché un atto illocutorio sia felice (es. procedura esistente e appropriata, corretta esecuzione, sincerità, coerenza). |
| Colpo a vuoto | Violazione delle condizioni A (invocazione) e B (esecuzione) di felicità, che determina il fallimento dell'atto illocutorio. |
| Vizio o abuso | Violazione della condizione C (abuso, sincerità, coerenza) di felicità, che rende l'atto illocutorio imperfetto ma non nullo. |